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Le scenografie del tour di Daniele Silvestri Teatri/22

Adoro il teatro, per averci lavorato da ragazza sul palco e dietro le quinte. Lo amo perché, sempre, il palcoscenico di un teatro è fatto a prima vista di assi di legno e tende di velluto ma poi in realtà è uno spazio pronto a diventare qualsiasi cosa, è un foglio bianco su cui scrivere storie sempre diverse ed emozionanti, una potenzialità che si accende e diventa magia.

Anche questa volta siamo partite dalle assi di un teatro vuoto per costruire le scenografie di uno spettacolo fortunato e coinvolgente, quello del Tour/22 di Daniele Silvestri.
Dico ‘siamo partite’ perché a pensare e allestire lo spazio in cui Daniele e i suoi musicisti si sarebbero mossi e avrebbero suonato siamo state in due, Federica Luciani e io che vi scrivo, all’anagrafe sempre Lisa Lelli.

Daniele aveva le idee molto chiare: il suo sarebbe stato un tour sempre in divenire, con canzoni che sarebbero nate sul palco, arrangiate e costruite dal vivo pezzo per pezzo. Voleva non solo suonare la sua musica, ma smontarne e rimontarne i pezzi con il pubblico, voleva insomma portare gli spettatori idealmente con sé in studio di registrazione.

La scelta più naturale per noi scenografe, quindi, è stata portare lo studio di registrazione al pubblico.
Abbiamo lavorato su una scenografia costruttiva, fatta di oggetti d’arredo veri e funzionali.
Ecco quindi elementi  evocativi e simbolici come una poltrona, una scrivania, tappeti, bauli, e poi lampade, molte lampade, perché la luce, anche a teatro, è tutto. Accanto alla luce abbiamo curato molto la coerenza cromatica e l’armonia visiva, scegliendo una palette dai toni caldi neutri per i volumi e colori avvolgenti e più saturi per i tappeti, così che tutto  funzionasse nell’insieme ma anche con le luci dello spettacolo.

Non abbiamo trascurato la disposizione degli elementi, perché ci fosse un equilibrio di volumi e non si creassero impedimenti visivi per la platea. 

Ogni elemento è stato pensato con un ruolo non solo ornamentale ma anche funzionale, perché accompagnasse la grammatica e i momenti dello spettacolo, a metà tra teatro e musica. Così, un baule che custodisce ricordi diventa anche un posto su cui sedersi, magari in compagnia di ospiti, a raccontare storie. 

Abbiamo, nei fatti, portato in scena una sorta di riproduzione molto vicina allo studio in cui Daniele è solito registrare, il Terminal2 di Roma, di cui sempre con Federica avevamo appena finito un lavoro di restyling.

Ancora una volta, il teatro è riuscito ad emozionarmi: e non solo perché il risultato di questo lavoro è stata quell’atmosfera soffusa e avvolgente che volevamo raggiungere, e non solo perché gli otto musicisti sul palco dicono di sentirsi a casa, ma anche perché il teatro, da uno spazio vuoto e ‘possibile’, è stato capace di riempirsi di senso, di vita, e di appassionare e lasciare il segno in tutti coloro che lo hanno attraversato.